L'Europa sta diventando una potenza militare ma, per ora, senza un vero controllo democratico. E gli unici a guadagnare sono i produttori di armi.
Marzo 2022
Si è spesso fatto riferimento all'UE come a un progetto pacifista (ha persino ricevuto il premio Nobel per la pace) ma ora l’Unione è diventata anche una potenza militare. Come si svilupperà questo paradosso? L'indagine di Investigate Europe dimostra che gli Stati membri hanno cominciato dei programmi di difesa comune già da un po’ di tempo, con risultati discutibili.
Nei prossimi anni spenderemo centinaia di miliardi di euro per rinforzare la difesa militare europea ma tutti questi soldi serviranno veramente a rendere l’Unione più sicura? Che forma avrà la politica di Difesa europea?
Il team di Investigate Europe ha cercato di rispondere a queste domande. Dopo aver analizzato montagne di dati e intervistando economisti, gestori di fondi di investimento, esperti di forze armate, diplomatici, produttori di armi, rifugiati, funzionari europei e nazionali, i nostri reporter sono in grado di dimostrare che la politica militare europea è stata progettata soprattutto per sostenere finanziariamente l’espansione dell’industria europea delle armi.
Le cinque grandi compagnie che ricevono la fetta più grande dei fondi europei sono possedute da un piccolo gruppo di Stati: la Francia, la Germania, l’Italia e la Spagna. I grandi produttori di armi hanno molti legami con i governi e persino con le piccole e medie imprese. Sono anche parzialmente di proprietà degli stessi fondi americani che controllano una grossa parte delle azioni dei loro concorrenti negli Stati Uniti. Tutto ciò contribuisce a concentrare il mercato nelle mani di pochi colossi del settore, il che, secondo gli esperti, è un problema per la concorrenza.
Il progetto di punta della strategia militare europea è Eurodrone. È il principale beneficiario delle sovvenzioni pubbliche ma continua a essere nella fase di “studio e progettazione” a quasi un decennio dall’inizio. Il drone non è riuscito ad attrarre molti acquirenti, per ora. La ricerca di Investigate Europe dimostra che fino ad oggi, solo i Paesi dove si sta lavorando allo sviluppo del drone hanno dichiarato che hanno anche l’intenzione di comprarlo. Tutti gli altri Stati membri o non hanno ancora deciso o hanno bocciato del tutto l’Eurodrone.
Chi controllerà le nuove strutture difensive dell’UE e il flusso di soldi? Il Parlamento europeo, l’unico organo eletto direttamente dai cittadini, viene escluso dalle decisioni più importanti. Critica l’eurodeputata verde tedesca, Hannah Neumann: “Molte delle decisioni si prendono in segreto, a porte chiuse”.
La guerra in Ucraina ha rilanciato il dibattito su una politica comune di difesa ma, nel frattempo, al proprio interno l’UE continua ad avere tante politiche estere.
La Grecia e la Turchia sono coinvolte in un conflitto diplomatico da decenni per la sovranità territoriale su Cipro e alcune isole del Mar Egeo. La situazione estremamente tesa di questa “guerra fredda” ci aiuta a capire perché la Grecia abbia un budget per la difesa così alto, persino negli anni della crisi economica. Sia la Grecia sia la Turchia sono Paesi NATO e la Grecia è membro dell’UE. Ma la Francia vende le armi alla Grecia, mentre la Germania è il principale fornitore di equipaggiamenti militari alla Turchia. In generale, la normativa europea per l’esportazione di armi, già piena di scappatoie, viene calpestata dagli interessi nazionali.
Persino la più lunga missione militare dell’UE per stabilizzare un Paese estero, il Mali, è chiaramente fallita. Le forze europee non solo stanno uscendo dal Paese dopo l’espulsione dell’ambasciatore francese, il governo militare maliano ha anche importato mercenari russi.
E un esercito europeo? Per ora, solo il governo tedesco l’ha definito un “obiettivo a lungo termine”. Per certi versi, esistono già dei reparti militari europei. I cosiddetti EU battle groups, ciascuno composto da 1.500 soldati, sono in funzione dal 2007. Si tratta di forze speciali di reazione rapida che comprendono militari di diversi Paesi con il compito di prevenire e gestire crisi al di fuori dell’UE. Ci sono sempre due gruppi tattici pronti in ogni momento, con turni lunghi sei mesi. Dovrebbero essere in grado di entrare in azione con 5-10 giorni di preavviso. Ma i gruppi tattici non sono mai stati attivati perché ci sono controversie sul loro finanziamento e perché gli Stati membri non si sono messi d’accordo su come e quando usarli.
Infatti, quando Investigate Europe ha provato a organizzare una visita presso un battle group attualmente pronto alla chiamata in Italia, non ha ricevuto risposta. Alla fine i rappresentanti dell’esercito hanno spiegato al nostro reporter che loro stessi hanno dovuto capire che cosa fosse il battle group dell’UE.
Se, quindi, da una parte sta facendo più Vladimir Putin da solo per unire militarmente l’Europa di quanto finora abbiano fatto decenni di progetti UE, dall’altra c’è ancora molta strada da fare per avere una difesa comune a livello europeo. E bisognerà aspettare ancora di più perché vengano istituite strutture di controllo trasparenti e democratiche per un’Europa militare. Scopri di più su cosa abbiamo scoperto negli articoli esclusivi sul nostro sito qui sotto e negli articoli pubblicati sui nostri media partner nazionali. Questa inchiesta è ancora aperta, seguiranno altre pubblicazioni.
Esclusive web
Articoli pubblicati sul Fatto Quotidiano, nostro media partner italiano