«Le società di scommesse hanno sfruttato la mia passione per il calcio per attirarmi e cambiare completamente la mia vita». Thomas Melchior, tifoso del Bayern Monaco, era un impiegato di banca quando ha cominciato a scommettere, nel 2005. Pensava che il rischio fosse limitato, ma non aveva calcolato il costo della dipendenza: in 13 anni, 800 mila euro di debiti e una condanna nel 2019 a cinque anni di carcere per reati come frode, truffa e furto che, a suo dire, ha compiuto per trovare soldi e continuare a scommettere dopo che ormai aveva perso tutto. Non c’è dubbio che il calcio sia lo sport più popolare al mondo – 3,5 miliardi di appassionati al mondo secondo Tifosy, un’azienda di investimento e di consulenza strategica specializzata nell’industria dello sport – e con più scommettitori: secondo H2 Gambling Capital, fornitore leader di dati di mercato per l’industria del gioco d’azzardo, lo “sport più popolare al mondo” rappresenta il 68% delle vincite delle scommesse sportive online in Europa, America Latina, Asia e Africa.
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Thomas Melchior ha raccontato la sua lotta al gioco d'azzardo nel libro “Lotta alla dipendenza dal gioco d'azzardo e alla mafia delle scommesse” (Fighting Gambling Addiction and the Betting Mafia) di prossima pubblicazione.Photo courtesy of Thomas Melchior
Quando prende, la febbre delle scommesse brucia velocemente le vittime come Melchior, «quindi le società di betting devono costantemente reclutare nuovi scommettitori per sostituire quelli che hanno perso tutti i loro soldi, tutti i loro beni e tutte le loro relazioni», afferma a Investigate Europe Charles Livingstone, professore di Salute pubblica e medicina preventiva presso l’università australiana di Monash, in Australia, e membro del gruppo di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sul gioco d’azzardo e il disturbo da gioco d’azzardo.
A dipendere dalle società di scommesse, però, non sono solo i giocatori incalliti. Anche i club e le leghe calcio dell’Europa sono, soprattutto quando piccoli, dipendenti dagli introiti di questo settore, nonostante alcuni Paesi stiano cercando di limitare la pubblicità al gioco d’azzardo.
Pedro Iriondo, direttore generale della società di consulenza Football Benchmark, spiega che esiste un legame naturale tra eventi sportivi e gioco d’azzardo, tanto è vero che le società di scommesse investono «in club, campionati e mezzi pubblicitari intorno all’esperienza della partita»: per la stagione 2024/2025 sono 296 squadre su 442, due terzi del totale, tra Unione europea e Regno Unito.
I club di calcio non parlano volentieri delle sponsorizzazioni: delle 442 squadre contattate da Investigate Europe, solo dodici hanno risposto ma nessuna ha inviato chiarimenti sul valore delle sponsorizzazioni e l’incidenza di queste sul proprio budget, sostenendo che i contratti sono privati e confidenziali.
Le forme di sponsorizzazione possibili in questo settore sono differenti – da quella sulle maniche o sul retro della maglia da gioco, a quella sui cartelloni pubblicitari intorno al campo – ma quella più costosa è apparire sul fronte maglia, che garantisce maggiore visibilità al marchio.
Anche in questo caso è evidente la dipendenza del calcio europeo: secondo le analisi di Investigate Europe, nella massima serie ungherese tutte le divise hanno un logo di una società di scommesse; in Bulgaria, Grecia, Romania e Portogallo questa circostanza si verifica nel 70% dei casi; nella Premier League inglese avviene per undici squadre su venti; percentuali sotto il 50%, invece, si registrano negli altri campionati più seguiti d’Europa: Bundesliga (Germania), Liga (Spagna), Ligue 1 (Francia) e Serie A (Italia).
Secondo gli esperti sentiti per quest’inchiesta, nei Paesi dove due squadre su tre hanno sponsor d’azzardo sulle maglie significa che per i club è difficile poter ricorrere a sostenitori che provengano da settori differenti.
Tanto è vero che, oltre alle singole squadre, le società di scommesse “battezzano” anche le leghe nazionali, soprattutto quelle meno seguite e meno attrattive per grosse multinazionali di altri settori. Il caso riguarda quasi la metà – 14 su 31 – dei tornei analizzati, tra cui compaiono l’Admiral Bundesliga in Austria, la William Hill Premiership in Scozia, la Superlega Stoiximan in Grecia, la Chance Liga in Repubblica Ceca e la Liga Betclic in Portogallo.
Sono 105 le società di scommesse – con in mano 140 brand di piattaforme dove fare le puntate – che Investigate Europe ha rintracciato nei campionati europei analizzati.
Kindred, Kaizen ed Entain hanno sede a Malta, in Grecia e nel Regno Unito e gestiscono marchi come Unibet, Betano, Betway e Bwin. Altri operatori hanno sede in Paesi con una tassazione ancora più agevolata per le società di scommesse, come Curaçao; oppure in Paesi dove i dati dei proprietari sono del tutto anonimi, come l’Isola di Man; altre ancora sono di base in Asia e sponsorizzano le squadre di calcio europee per ottenere visibilità e credibilità nel mercato asiatico dove la pubblicità del gioco d’azzardo è proibita o severamente regolamentata; altre, infine, sono società statali come Lotto in Germania, Loterie Nationale in Belgio e Vriendenloterij nei Paesi Bassi.
Ciascuna società, per essere autorizzata a raccogliere i soldi degli scommettitori in un determinato Paese, deve disporre di una licenza, che nel caso dell’Italia è rilasciata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm). Dal 2024, a seguito della legge delega per la riforma fiscale, il prezzo stabilito è di sette milioni di euro per nove anni. Quando si viene scoperti a raccogliere i soldi delle scommesse senza licenza, ciascuna autorità nazionale di vigilanza, l’Adm nel caso dell’Italia, ha la facoltà di ordinare il blocco del sito per renderlo inaccessibile dal proprio Paese e, quando si riesce a risalire ai proprietari, può anche comminare una sanzione.
Eppure il Nõmme Kalju, la squadra di Tallinn due volte campione del campionato estone, dal 2023 ha come sponsor di maglia la società di scommesse Marsbet, che figura nella lista nera degli operatori scoperti ad agire in Estonia nonostante siano privi di autorizzazione. L’autorità nazionale per il gioco d’azzardo ha comunicato a Investigate Europe che «la società e il sito marsbet.com non hanno ottenuto una licenza» e che «il sito web citato è bloccato in Estonia», aggiungendo però che «se il blocco non funziona, ne consegue che il provider di servizi Internet utilizzato per accedere al sito non lo ha bloccato sulla propria rete».
Il caso estone non è isolato in Europa.
Anche il Milan ha tra i suoi sponsor una società di scommesse che non ha la licenza per operare in Italia e che tuttavia è raggiungibile dagli scommettitori italiani: si chiama BoomerangBet. Non appare né sulla maglia né sulla sezione dedicata alle sponsorship del sito web del Milan, ma è presente sui social network e in un comunicato stampa del luglio 2024 dove BoomerangBet è presentato come «official regional betting partner» in Europa.
Nonostante la partnership non sia stata particolarmente pubblicizzata, sono numerosi gli utenti che dall’Italia sono atterrati sul suo sito: secondo la piattaforma di analisi del traffico online SimilarWeb, sono state circa 497mila le visite nell’ultimo trimestre del 2024. Né il Milan né i proprietari di BoomerangBet hanno risposto alle richieste di commento di Investigate Europe.
«Non credo che i club vogliano fare dei controlli approfonditi [sulle società di scommesse], purché vengano pagati – afferma Kieran Maguire, esperto di finanza calcistica e docente presso l’Università di Liverpool –. E sono disposti a non guardare troppo da vicino perché sono tutti in difficoltà». Per i piccoli club inglesi, continua Maguire, offerte che arrivano fino a dieci milioni di sterline all’anno per apparire sulla maglia di un club possono davvero fare la differenza.
La crisi finanziaria del calcio dura da tempo e di certo è stata acuita dalla pandemia da Covid-19: la Uefa ha stimato che, tra il 2020 e il 2022, i club europei di prima fascia hanno accumulato perdite per 11 miliardi di euro dovute alle restrizioni imposte durante la pandemia. In quel periodo, il calcio europeo ha subito un crollo verticale (-80%) degli introiti generati dalla vendita dei biglietti e una forte diminuzione di quelli incassati dalla compravendita di calciatori (-40%).
Oggi, secondo il report Il panorama finanziario e degli investimenti dei club europei della Uefa, i ricavi sono tornati a crescere (quasi 27 miliardi di euro nel 2023), ma in parallelo crescono anche i debiti: sono 12 miliardi di euro nel 2023, un decimo in più sull’anno precedente, secondo l’Unione dei club di calcio europei.

La maggior parte delle squadre della massima serie portoghese ha sponsor di brand di scommesse sulle proprie maglie.Shutterstock
Una simile emorragia economica è particolarmente evidente nella Serie A: la perdita aggregata è pari a quasi tre miliardi di euro, con i club che sono «incapaci di mantenere in equilibrio i propri bilanci e di coniugare competitività e sostenibilità», scrive la Commissione Cultura del Senato a marzo 2025.
Non sorprende, dunque, la dipendenza dei club italiani ed europei dalle sponsorizzazioni con società di scommesse, un legame che è in crescita lenta ma costante: quattro anni fa, secondo la Uefa, la quale comprende 730 club, il 17% delle sponsorizzazioni delle squadre europee era con società del gioco d’azzardo; due stagioni più tardi sono arrivate al 22%. L’analisi di Investigate Europe, svolta su 442 club di 31 leghe nazionali, registra invece un 33% per la stagione calcistica in corso.
Gli sponsor sono una componente fondamentale nel bilancio dei club, ancor più in Italia dove rappresentano un terzo dei ricavi. In questa fetta, l’importanza delle società di scommesse per la sostenibilità dei conti dei club è sempre maggiore: nel 2020, le sponsorizzazioni alle squadre di Serie A valevano 250 milioni di euro, mentre nella stagione corrente sono scese a 180 milioni.
Un esempio su tutti: gli accordi dell’Inter con la società Betsson garantiranno ai neroazzurri 30 milioni di euro all’anno laddove le entrate da sponsorship per la stagione scorsa sono state di 100 milioni.
Francesco Addesa, professore in Sport Business Management alla Leeds Beckett University, spiega che per le società di scommesse sportive c’è maggiore convenienza rispetto ad altre a sponsorizzare squadre e campionati di calcio. Il livello di dipendenza economica di club e leghe dall’industria delle scommesse online, però, cambia principalmente a seconda della capacità di attrarre sponsor diversi, con le leghe minori che risultano essere meno appetibili per le industrie di altri settori, spiega Addesa. Così, se per i campionati minori o per squadre con meno seguito spesso rinunciare a questi soldi non è possibile, per altri è solo sconveniente. «Non è un caso che i club non hanno mai risposto con entusiasmo ogni volta che i governi nazionali hanno introdotto restrizioni», afferma.
La Bulgaria è un caso che mostra la piena dipendenza di una lega calcio meno seguita dalle aziende di scommesse. «L’industria dell’azzardo finanzia più di due terzi dei club», diceva l’Unione calcistica bulgara (Bfu) nel 2023, quando si stava discutendo di un’imminente riforma per regolamentare la pubblicità del gioco d’azzardo. Tagliare quelle sponsorizzazioni, secondo la lega bulgara, avrebbe portato la maggior parte dei club al fallimento. Alla fine la legge passata nel 2024 vieta pubblicità del gioco d’azzardo sui media, ma è consentita sulle maglie delle squadre.
L’Italia è stata il Paese apripista della regolamentazione del gioco d’azzardo nel 2018, con l’introduzione del decreto Dignità del governo di Giuseppe Conte: dal 1 gennaio 2019 «è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta» delle scommesse, si legge nel testo. L’Italia è stata però anche il primo Paese a fare marcia indietro sul divieto. Il 5 marzo 2025, dopo un anno di lavori, la Commissione cultura del Senato – tenendo conto «dello straordinario rilievo sociale e culturale del calcio» (si stimano 650mila tifosi tra bambini e ragazzi), degli 11 miliardi di euro di Pil che genera e della preoccupante «perdita di valore economico della Serie A» – ha approvato una risoluzione che propone di modificare il vecchio decreto Dignità.
Contrarie le organizzazioni contro l’azzardo e per quelle che tutelano i consumatori: «Se reintrodotta, la pubblicità del gioco d’azzardo genererà circa 100 milioni di euro all’anno per i club di Serie A, ma imporrà miliardi di costi sanitari alla società, considerando la spesa pubblica necessaria per curare la dipendenza dal gioco d’azzardo», dichiara in un comunicato stampa di febbraio 2025 Gabriele Melluso, responsabile del gruppo per i diritti dei consumatori Assoutenti.
Oltre ai costi sociali, il problema è che il decreto Dignità è stato ostacolato fin dalla sua approvazione. Contraria è sempre stata la Lega Serie A, che considerava il divieto alle scommesse un ostacolo alla competizione con le altre leghe calcistiche europee più seguite. La stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), a cui spetta il compito di monitorare sul modo in cui si fa pubblicità, ha inserito nelle linee guida in materia la possibilità per i canali tv che trasmettono le partite di confrontare le quotazioni delle diverse società di scommesse in quanto ritenute informazioni e non incentivi a giocare d’azzardo.
Il decreto è stato anche raggirato da certe società di calcio: guardando le maglie delle squadre di Serie A in questa stagione, per esempio, si leggono marchi di aziende di scommesse: Inter (Betsson.sport), Parma (AdmiralBet.news) e Lecce (BetItalyPay).
«Aggiungendo un piccolo suffisso .news o .live, è possibile aggirare i divieti di pubblicità e rafforzare comunque il marchio nella mente dello spettatore», spiega Enrico Malferrari, portavoce della campagna Mettiamoci in Gioco. Quest’escamotage è utilizzato a partire dall’approvazione del decreto Dignità: invece che piattaforme per scommesse, gli stessi marchi si presentano al pubblico come siti «di infotainment, per lo più piattaforme vuote dove gli utenti possono controllare i risultati delle partite o guardare gli highlights», aggiunge Malferrari.
Assoutenti nel 2024 ha denunciato Inter e Atalanta all’Agcom e all’Antitrust per avere come sponsor LeoVegas.news – uno di quei siti a cavallo tra l’informazione e il mondo delle scommesse, di proprietà della società del gioco d’azzardo LeoVegas – ma da allora non ci sono novità.
Il nome di un sito di scommesse, anche se con un dominio che rimanda alle notizie più che alle scommesse vere e proprie, è un «punto di contatto» che indirizza «i consumatori verso i siti dove possono piazzare le loro puntate», spiega Bram Constandt, professore di gestione dello sport all’Università di Gand, in Belgio, dove questo tipo di fenomeno sta emergendo adesso a causa del divieto di sponsorizzare marchi di gioco d’azzardo sul fronte maglia entrato in vigore dal 1 gennaio 2025.
Il trucco è stato riconosciuto dallo stesso ministro dello Sport Andrea Abodi, il quale «reputa ipocrita aver vietato il diritto alla scommessa per poi consentire una comunicazione parallela degli stessi siti che promuovono semplicemente un indirizzo web che porta inevitabilmente comunque a scommettere», riporta il resoconto stenografico di una risposta a un’interrogazione parlamentare del marzo 2023.
La strada del divieto sembra quindi ormai abbandonata. Anzi, sulla scorta dell’aumento di scommesse online nonostante il divieto e dei bilanci in rosso delle società calcistiche, la risoluzione approvata a marzo dal Senato propone di «valutare l’opportunità di destinare una quota annuale dei proventi derivanti da giochi sullo sport e scommesse sportive agli organizzatori degli eventi sui quali si scommette», oltre a prevedere incentivi per gli investimenti esteri sugli stadi e sgravi fiscali per strutture destinate ai giovani.
La Spagna è stato il primo Paese a seguire l’esempio italiano, nel 2021. L’allora presidente della Liga, Javier Tebas, ha stimato una perdita immediata di «90 milioni di euro», ma il divieto per ora resiste. Tra le squadre che hanno risposto alle domande di Investigate Europe, c’è stato il Real Sociedad, club basco amministrato da una cooperativa i cui soci, ha spiegato la squadra, nel 2018 hanno votato per rifiutare le sponsorizzazioni del gioco d’azzardo.
Il Belgio del 2025, invece, ricorda l’Italia del 2018: a gennaio sono state limitate le sponsorizzazioni sulle maniche e sul retro delle maglie, tuttavia diversi club del campionato belga continuano a mostrare le insegne delle scommesse sul fronte maglia grazie a una scappatoia simile a quella vista in Italia: il nome che si legge non rimanda immediatamente a una piattaforma per scommettere, ma a un sito di notizie che in realtà è collegato.
Ne è un esempio U-Experts, app di informazioni e intrattenimento che appare sulla maglia del Club Brugge, campione in carica nazionale. È di proprietà di Unibet ed è collegata direttamente con la piattaforma di scommesse.

Il Club Brugge (Belgio) ha cambiato il marchio fronte maglia in U-Experts, una app di informazioni collegata direttamente alla piattaforma di scommesse UnibetIsabella Bonotto/Getty
In Premier League, nel 2023 i club hanno deciso autonomamente di impegnarsi a rinunciare a sponsorizzazioni con il gioco d’azzardo sul fronte maglia a partire dalla stagione 2026/2027. Nel contesto inglese, però, l’esposizione alla pubblicità dell’azzardo per i tifosi avviene da tutto ciò che accade intorno alle partite. Raffaello Rossi, senior lecturer di marketing all’università di Bristol, ha calcolato che durante il weekend in cui si è giocata la giornata di apertura della Premier League, il 16 agosto 2024, le pubblicità di gioco d’azzardo trasmesse sui cartelloni pubblicitari negli stadi, dalle tv, dalle radio e dai social media sono state trentamila, il 165% in più rispetto all’anno precedente. Gli sponsor di maglia rappresentano meno del 10% del totale:
«Ciò significa che il regolamento avrà un impatto minimo sull’esposizione complessiva – commenta Rossi –. Inoltre, i club stanno già pianificando di spostare i loghi del gioco d’azzardo sulle maniche o sui pantaloncini, rendendo il divieto largamente inefficace». Rossi ritiene che queste misure di autoregolamentazione siano state concepite per apparire credibili, proteggendo al contempo gli interessi dell’industria.
La Bundesliga tedesca ha 15 club su 18 con sponsorizzazioni legate al gioco d’azzardo, ma solo lo Stoccarda ha uno sponsor di maglia principale. Il club non ha risposto alle domande di Investigate Europe sull’accordo e ha commentato solo di avere «partnership vitali con sponsor in diversi settori».
Le limitazioni attive in Germania non vietano lo sponsor d’azzardo sul fronte maglia. Una proposta al Bundestag per cambiare la norma è stata respinta adducendo come argomento l’importanza cruciale dei finanziamenti per le società sportive. Questo non ha impedito al St. Pauli, club di Amburgo della Bundesliga, di diventare il primo club professionistico in Germania a rifiutare la sponsorizzazione del gioco d’azzardo, dopo aver disdetto una precedente partnership con Bwin del 2023.
«Il St. Pauli rinuncia così a entrate per diverse centinaia di migliaia di euro all’anno, un importo rilevante per il nostro bilancio – dichiara un portavoce a Investigate Europe –. Alla base della decisione c’è il fatto che consideriamo le scommesse live su smartphone in modo molto critico per quanto riguarda il rischio di dipendenza, ma anche per l’integrità della competizione», facendo riferimento ai problemi sempre più crescenti di dipendenza da gioco degli stessi calciatori e al fenomeno delle partite truccate.
Nella Eredivisie dei Paesi Bassi tutte le squadre hanno una qualche forma di sponsorizzazione legata all’azzardo e un terzo dei club ha un logo di scommesse sulla maglia. Dovranno però sparire entro luglio del 2025. La perdita stimata per i club è di 70 milioni di euro.
Ogni Paese europeo e ogni lega calcio è in bilico tra la necessità di avere sponsorizzazioni e i rischi legati alla promozione del gioco d’azzardo. Per quanto esista la Uefa, le regole da applicare sono diverse da Paese a Paese. Armin Popp, membro del consiglio direttivo di Unsere Kurve (La nostra curva), un’associazione tedesca di tifosi organizzati, avrebbe però delle linee guida da seguire: «Non vogliamo e non possiamo vietare le scommesse in sé – afferma a Investigate Europe – così come non possiamo vietare il consumo legale di tabacco o di alcol. Tuttavia, le società hanno deciso con successo di vietare la pubblicità del tabacco e degli alcolici. Perché le scommesse sportive dovrebbero essere diverse?».
L'articolo è stato pubblicato in Italia su IrpiMedia.