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6 agosto 2024

Profitti nascosti nei paradisi fiscali europei mentre i prezzi dei medicinali mettono in difficoltà i pazienti

Maxence Peigné
Maxence Peigné
Investigate Europe ha scoperto che 15 delle più grandi case farmaceutiche gestiscono oltre 1300 sussidiarie nei paradisi fiscali, ammassando oltre 580 miliardi di euro in profitti in tutto il mondo negli ultimi cinque anni. Nel frattempo, i pazienti si trovano a subire ritardi per avere medicinali salvavita, con conseguenze mortali.
Quando i medici hanno rimosso il tumore dall’ascella di Miriam Staunton sei anni fa, hanno detto alla cinquantunenne irlandese che c’era una possibilità di recidiva del 70%. Nei mesi successivi all’operazione, però, le sono stati offerti solo radiazioni locali e controlli regolari, zero trattamenti farmacologici. 
 
“Mi ricordo di quando ho incontrato l’oncologo e mi ha detto che non poteva offrirmi nulla di sistemico in quel momento”, dice Staunton. “All’epoca non avevo veramente capito cosa intendesse”.
 
Staunton non si era resa conto che avrebbe dovuto aspettare il ritorno del melanoma a un anno di distanza per avere diritto a farmaci efficaci (ma costosi). A febbraio 2019 il cancro era progredito al quarto stadio e quel punto Staunton ha iniziato una cura di Opdivo e Yervoy, farmaci innovativi noti come immunoterapici, che al tempo in Irlanda erano utilizzati solo per la cura dei casi più gravi di cancro a causa dei loro prezzi troppo alti. 

In altri Stati UE Staunton avrebbe potuto prendere Opdivo da solo subito dopo l’operazione. A luglio del 2018, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha dato il via libera a questa terapia per i pazienti con cancro al terzo stadio. La Francia ha immediatamente rimborsato il medicinale ai pazienti, l’Irlanda no. “Una cosa è se non esiste una cura, ma se la cura c’è però le persone non possono accedervi, è profondamente sbagliato”, dice Stauton, che ora non ha più il cancro. 
Miriam Staunton non ha potuto accedere fin da subito al farmaco che le serviva perché non era disponibile in Irlanda.Maxence Peigné

La ragione per il ritardo è che l’Irlanda e il produttore americano del farmaco, Bristol-Myers Squibb (BMS), non trovavano un accordo per il prezzo di Opdivo. Quando l’EMA approva l’utilizzo di nuovi medicinali in UE, ogni Stato, indipendentemente dagli altri, deve stringere un accordo con il produttore per i rimborsi. I negoziati possono durare a lungo perché le aziende farmaceutiche spesso danno priorità ai mercati più ricchi e i governi mirano a ottenere sconti confidenziali
 
Nel frattempo, l’industria farmaceutica, come molti altri settori, ammassa cifre da capogiro nei paradisi fiscali. Investigate Europe rivela che le 15 case farmaceutiche più grandi in Europa e negli Stati Uniti (tra cui la BMS), dichiarano pubblicamente di avere oltre 1300 aziende controllate con sede in paradisi fiscali o in territori a bassa imposizione. 
 
Sono giurisdizioni che offrono alle corporazioni tasse basse o modi per trasferire gli utili (o entrambi). Ricercatori e attivisti all’unanimità dicono che in Europa tali territori sono l’Irlanda, i Paesi Bassi, la Svizzera e il Lussemburgo. Sono tra le prime cinque destinazioni al mondo in cui vengono spostati gli utili secondo l’ultimo rapporto del EU Tax Observatory, un think tank finanziato dall’UE. 
 
Strutture poco conosciute situate in territori a tassazione agevolata hanno aiutato le 15 più grandi aziende farmaceutiche ad ammassare, negli ultimi cinque anni, profitti che arrivano a 580 miliardi di euro.
 
Tale cifra supera quanto le aziende hanno speso in ricerca e sviluppo (R&D), nonostante le frequenti affermazioni dell’industria secondo cui mantenere alti i prezzi dei medicinali gli consentirebbe di fare innovazione e crearne di nuovi. Alcuni affiliati irlandesi del gruppo hanno accumulato centinaia di miliardi di dollari e ancora oggi si avvalgono di una versione del piano di elusione fiscale chiamato “Doppio irlandese”. 
 
“L’elusione fiscale da parte delle aziende non è senza ripercussioni, meno tasse significa minori investimenti nel sistema sanitario in Irlanda e ha anche impatti negativi per i Paesi del sud del mondo”, dice Aideen Elliott di Oxfam Irlanda. “Queste aziende non stanno facendo niente di illegale, stanno approfittando delle regole per le imposte sulle società”. 
I € 580 miliardi guadagnati dalle 15 aziende più grandi al mondo negli ultimi cinque anni supera quanto hanno speso in totale in ricerca e sviluppo. Shutterstock

Tutte le aziende citate in questo articolo sono state contattate per un commento. AstraZeneca, Bayer, Eli Lilly, Novartis, Novo Nordisk, Roche e Sanofi hanno risposto al punto riguardante le imposte dicendo che rispettano tutte le leggi. Sanofi ha insistito che la propria presenza in giurisdizioni a bassa imposizione è giustificata dai bisogni di pazienti presenti in tali zone. Bayer ha dichiarato che in quanto azienda con sede in Germania è tassata sui propri profitti offshore, aggiungendo che alcuni dei Paesi menzionati in questo articolo non dovrebbero essere considerati paradisi fiscali. 
 
In Irlanda BMS ha iniziato i negoziati con le autorità sanitarie chiedendo come prezzo di partenza €1.311 per singola dose da 100mg di Opdivo, in stridente contrasto con le stime degli studiosi, secondo cui anticorpi simili possono essere prodotti per circa una cifra tra $9,50 (€8,85) e $20 (€18,60) per 100mg.
 
A novembre 2019, il sistema sanitario irlandese ha sottolineato che fornire il medicinale ai pazienti con cancro al terzo stadio avrebbe avuto un “impatto significativo sul bilancio”, aggiungendo che i negoziati con l’azienda erano ancora in corso. Opdivo è finalmente diventato rimborsabile in Irlanda a febbraio 2021, due anni e mezzo dopo la Francia. La cifra finale rimane un segreto commerciale. 

L’elusione fiscale da parte delle aziende non è senza ripercussioni, meno tasse significa minori investimenti nel sistema sanitario in Irlanda e ha anche impatti negativi per i Paesi del sud del mondo.

Aideen Elliott, Oxfam Irlanda

Ironia della sorte, BMS produce Opdivo a Dublino in uno stabilimento vicino a dove abita Staunton. Mentre la cura non era accessibile ad alcuni pazienti irlandesi a causa del prezzo, il produttore stava accumulando soldi a palate grazie alle leggi fiscali irlandesi.
 
L’enorme e modernissimo campus di BMS nella capitale irlandese è di proprietà di una sussidiaria che ha vantato un turnover di 17,2 miliardi di dollari nel 2022, più di un terzo dei profitti globali dell’azienda in quell’anno. Eppure, nonostante sia registrata in Irlanda, per motivi fiscali Swords Laboratories è un’entità svizzera.
 
Anche la sua diretta azienda madre, la Bristol-Myers Squibb Holdings Ireland, gode di una simile doppia residenza ed è la proprietaria di brevetti di varie terapie di BMS. Nel 2022, la holding ha stimato che tale patrimonio avesse un valore di oltre 1 miliardo di dollari e ha intascato $ 4,5 miliardi in diritti collegati a farmaci prodotti dalla Swords Laboratories, tra cui Eliquis, un anticoagulante di successo. In soli due anni, inoltre, la holding ha ricevuto quasi $ 9 miliardi in dividendi dallo stabilimento di Dublino.
BMS opera in tutto il mondo. L’azienda ha un fatturato annuale miliardario. Shutterstock

Questo assetto assomiglia una tristemente famosa scappatoia per l’elusione fiscale che l’Irlanda aveva promesso di eliminare. Chiamato “Doppio irlandese”, era un piano comunemente utilizzato dai gruppi informatici e farmaceutici per tagliare le proprie tasse e pagare meno del 12,5%, l’aliquota fiscale attuale per le aziende irlandesi. La tecnica prevedeva la fondazione di due compagnie irlandesi: una per scopi operativi e l’altra per detenere le proprietà intellettuali (IP). La prima pagava i diritti d’autore alla seconda, che fiscalmente era residente offshore, ad esempio alle Bermuda.
 
“L’Irlanda ha cambiato le leggi sulla residenza fiscale delle aziende con il Finance Act del 2014 proprio per prevenire strutture come il cosiddetto “Doppio irlandese”. Queste leggi rendono impossibile alle aziende di approfittare di discrepanze tra regolamenti per la residenza fiscale”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Finanza. 
 
Ciononostante, il professore aggiunto James Stewart, che insegna economia al Trinity College di Dublino, dice che strutture simili possono continuare ad esistere perché l’Irlanda ha un accordo di doppia tassazione con la Svizzera. “Queste aziende hanno beni enormi, flussi di denaro altissimi, di solito non hanno dipendenti e hanno sono estremamente redditizie. È probabile che siano un modo per fare estrazione del profitto”, dice Stewart.

L’Irlanda ha cambiato le leggi sulla residenza fiscale delle aziende con il Finance Act del 2014 proprio per prevenire strutture come il cosiddetto “Doppio irlandese”.

portavoce del Dipartimento di Finanza irlandese

xAnche il principale shareholder diretto di BMS Holdings Ireland è un’organizzazione irlandese con residenza fiscale svizzera. Le due holding e Swords Laboratories non solo incanalano i profitti fuori dall’Irlanda, li accumulano anche nelle loro casse: entro la fine del 2022, le tre aziende avevano accumulato oltre 30 miliardi di dollari in equity. 
 
Nascondere proprietà intellettuali (IP) nei paradisi fiscali è una pratica comune da BMS. I brevetti di Opdivo e Yervoy sono conservati nel Delaware, uno Stato americano dove non ci sono tasse sui diritti. I diritti su questi due farmaci sono ammontati a un quarto dei profitti del gruppi, 45 miliardi di dollari, nel 2023. Lo stesso anno, BMS ha dichiarato di avere 135 controllate in paradisi fiscali: 81 nel Delaware, 15 in Svizzera, 13 in Irlanda, 12 nei Paesi Bassi. 
 
Controllate che hanno aiutato l’azienda madre a raggiungere un’aliquota fiscale del 4,7%, molto al di sotto dell’aliquota degli Stati Uniti, pari al 21%. Parte era dovuto a un accordo fiscale favorevole, ma la riduzione maggiore è stata risultato dei diversi trattamenti fiscali in Irlanda, Svizzera e Puerto Rico, secondo il rapporto annuale di BMS. 
 
BMS non ha risposto alle richieste di commenti di Investigate Europe. 
15 delle più grandi case farmaceutiche al mondo controllano oltre 1300 sussidiarie in giurisdizioni a tassazione agevolata, come ad esempio lo Stato del Delaware. Shutterstock

BMS non è un caso unico. Investigate Europe ha analizzato i bilanci degli ultimi cinque anni dei 15 più grandi gruppi farmaceutici americani ed europei che, insieme, hanno dichiarato, al 2023, di controllare 1300 sussidiarie con sede in paradisi fiscali. La cifra reale è probabilmente più alta, in quanto le regole su cosa bisogna dichiarare costringe le multinazionali a elencare solamente le imprese più “significative”. 
 
Il Delaware è al primo posto con 700 società. I Paesi Bassi sono secondi con quasi 170, mentre Svizzera e Irlanda hanno quasi 120 controllate a testa. Così come BMS, il colosso statunitense Merck ha fondato una rete di sussidiarie irlandesi con residenza fiscale in svizzera che, al 2022, possedevano almeno 44 miliardi di dollari in azioni.
 
Non tutti i gruppi farmaceutici usano il piano Doppio irlandese. Secondo le stime di Investigate Europe, alla fine del 2022 molte sussidiarie avevano ammassato un considerevole patrimonio in azioni: $ 308 miliardi per Abbvie, oltre $ 102 miliardi per Johnson & Johnson, $ 20 miliardi per AstraZeneca e $ 17 miliardi per Gilead.
Nove dei maggiori gruppi farmaceutici al mondo su dieci possiedono operazioni in Irlanda e il più grande “è probabile che sia Pfizer”, sospetta il professor Stewart. “Dico probabile perché non ci sono bilanci pubblici a disposizione per qualsiasi delle sue controllate irlandesi. Quasi tutte le sussidiarie di Pfizer in Irlanda operano in quanto succursali di un’entità olandese.
 
Nei Paesi Bassi, Pfizer ha contabilizzato tre quarti dei suoi $ 100 miliardi di profitti globali con una holding olandese a capo di una miriade di sussidiarie. CPPI CV, una partnership a responsabilità limitata è “fiscalmente trasparente”, vale a dire i suoi shareholder possono trarre profitti senza essere tassati. Nei due anni precedenti al 2023 CPPI ha inviato $ 35 miliardi alle proprie società madri nel Delaware. Follow the Money, una testata investigativa, ha pubblicato numerosi articoli sugli affari olandesi di Pfizer e ha descritto come la partnership è diventata la compagnia più redditizia dei Paesi Bassi. Pfizer non ha risposto a richieste di commenti. 
 
“Storicamente, le aziende americane hanno accumulato denaro in giurisdizioni a tassazione agevolata per evitare le tasse che avrebbero pagato se avessero riportato i profitti negli Stati Uniti”, spiega Reuven Avi-Yonah, docente di legge all’Università del Michigan. “Nel 2018 è stata fatta una riforma che avrebbe dovuto cambiare tutto questo, imponendo una tassazione al 10,5% sui profitti esteri ma l’effetto che ha avuto è stato quello di incoraggiare ancora di più Big Pharma a tenere dei suoi utili offshore perché così avrebbero approfittato di questa aliquota vantaggiosa invece che quella legale negli Stati Uniti pari al 21%.”
I dirigenti delle case farmaceutiche spesso citano costi altissimi di ricerca e sviluppo come ragione principale per cui i farmaci costano così tanto.Shutterstock

“Chiunque faccia profitti vuole minimizzare l’esposizione fiscale che ne deriva, le aziende non sono un eccezione”, dice Paul Fehlner, ex direttore dell’IP di Novartis, un gigante farmaceutico svizzero. “Quindi mettendo la proprietà dei diritti per un brevetto in una giurisdizione a bassa tassazione e spostando fondi internamente in un’entità proprietaria di brevetti, si riesce a ridurre l’onere fiscale totale”. 
 
I brevetti per nuovi prodotti vengono depositati da corporazioni o inventori per prevenire la competizione. Si condivide la scoperta pubblicamente e in cambio il titolare di un brevetto ottiene il diritto di produrre e vendere il farmaco in esclusiva per un certo periodo, di solito 20 anni. 
 
I farmaci generici di solito costano l’85% in meno una volta messi in commercio ma finché durano i monopoli dati dai brevetti, le aziende farmaceutiche possono imporre prezzi alti a governi e assicurazioni. I dirigenti di Big Pharma spesso citano gli altissimi costi di ricerca e sviluppo come motivazione
 
I dati raccolti da Investigate Europe mostrano, però, che l’industria, se analizzata nel suo complesso, guadagna molti più profitti dalla vendita di farmaci esistenti rispetto a quanto investe nello svilupparne di nuovi. 

Nei cinque anni analizzati, le 15 multinazionali hanno guadagnato € 580 miliardi al netto delle tasse, mentre hanno dedicato € 572 miliardi in ricerca e sviluppo. Gli incassi sono stati principalmente distribuiti tra gli shareholder sotto forma di dividendi e buy-back di azioni per un totale di € 558 miliardi. 
 
Ne risulta che i seguenti gruppi hanno sborsato di più per premiare i propri investitori rispetto a quanto hanno speso in R&D: Abbvie, Johnson & Johnson, Novartis, BMS, Novo Nordisk e Amgen. Altre aziende, tra cui AstraZeneca e Merck and Bayer, hanno invece investito di più in R&D rispetto ai profitti che hanno fatto o quando hanno pagato gli azionisti.
 
Il patrimonio ammassato nei paradisi fiscali europei da Big Pharma è in contrasto con la disparità di accesso ai farmaci e i bilanci sanitari locali in difficoltà. Per quanto l’Irlanda cerchi di attirare le aziende con i suoi benefici fiscali, i pazienti del Paese spesso aspettano di ricevere farmaci innovativi più a lungo rispetto ad altri cittadini dell’Europa occidentale. 
 
“Le aziende farmaceutiche dicono chiaramente che i mercati più grandi sono più importanti per loro e che non vorrebbero farci sconti in quanto siamo un Paese piccolo”, ci ha detto un ex-funzionario del settore sanitario irlandese a condizione di rimanere anonimo. “Molte delle compagnie spesso fanno con molta calma anche quando devono richiedere l’autorizzazione all’immissione al mercato in Irlanda. Alcune a volte mi hanno proprio detto che l’Irlanda per i loro capi è talmente insignificante che non gli importa se i loro farmaci sono sul nostro mercato o meno”.
La IPHA (l’Associazione sanitaria farmaceutica irlandese), una lobby del settore, stima che, nella media, passino due anni tra l’inizio della valutazione di un nuovo medicinale e la sua approvazione al rimborso da parte dell’organismo di sorveglianza irlandese
 
Il governo irlandese aveva inizialmente annunciato che nel budget del 2024 non ci sarebbero stati nuovi fondi per le nuove medicine, per poi fare un passo indietro e stanziare € 20 milioni per i farmaci innovativi
 
Persino nei poco tassati Paesi Bassi lo scenario non è dei migliori. Alcuni revisori dei conti hanno suggerito che il governo dovrebbe cercare di ottenere sconti più alti per tutelare il proprio budget, sottolineando che non tutte le terapie approvate sono convenienti.
 
Le corti olandesi sono destinate a diventare il campo di battaglia tra un produttore di farmaci e i suoi detrattori. Nel 2023 la Fondazione per la responsabilità farmaceutica (Pharmaceutical Accountability Foundation – PAF), un gruppo di pubblico interesse, ha fatto causa alla statunitense Abbvie per abuso di posizione dominante. Il PAF sostiene che l’azienda avrebbe fatto profitti eccessivi, pari a 1,2 miliardi di euro in 14 anni, con le vendite di Humira (farmaco bestseller mondiale per la cura di molte malattie) nei Paesi Bassi. 
Humira è uno dei farmaci più venduti al mondo.Shutterstock

“Ci auguriamo che la decisione del giudice possa essere un avvertimento alle case farmaceutiche: potete imporre qualsiasi prezzo vogliate ma, se esagerate, possiamo contrattaccare e dovrete rimborsarci”, dice Wilbert Bannenberg, presidente del PAF. 
 
“Respingiamo le accuse infondate della Fondazione per la responsabilità farmaceutica, la quale, come abbiamo precisato alla corte, mette in discussione il sistema dei prezzi di tutti i medicinali, mettendo potenzialmente a rischio l’innovazione futura”, risponde un portavoce di Abbvie.

Prima dell’emergere di nuovi detrattori in Olanda, però, l’azienda era già sotto esame nel suo Paese d’origine, gli Stati Uniti, dove nel 2022 una commissione del Senato ha scoperto che Abbvie aveva evaso miliardi di dollari di tasse spostando le sue proprietà intellettuali alle Bermuda e producendo i farmaci in Irlanda e a Puerto Rico. 
 
Sempre nel 2022, una organizzazione di advocacy  I-Mak, aveva rivelato che il gruppo aveva depositato il 94% dei 166 brevetti americani per Humira dopo che il farmaco era già stato messo in commercio, uno stratagemma che ha permesso di tenere a bada i competitor e di ritardare l’arrivo di farmaci generici più a basso costo.

Non penso di ritenere responsabili [le case farmaceutiche], non più di quanto ritengo responsabile un leone che divora una zebra."

Paul Fehlner

“Avevano tutti questi brevetti per ogni possibile variazione, diversi dosaggi, persino per le diverse dimensioni di aghi usati nelle penne per la somministrazione”, dice Tahir Amin, CEO di I-Mak. “Tutto questo è costruito apposta per bloccare la competizione perché quando c’è un contenzioso finisci per pagare milioni di dollari per togliere un singolo brevetto”. Questa pratica, conosciuta come “evergreening”, secondo I-Mak e altri è una falla nel sistema dei brevetti che permette alle corporazioni di prolungare i loro monopoli molto redditizi.

Fehlner, che ora è CEO di una azienda biotecnologica che si occupa del riadattamento di medicinali già esistenti, ha una opinione meno netta: “C’è sicuramente un interesse da parte delle compagnie nel mantenere la profittabilità dei farmaci il più a lungo possibile. Sono incentivate a farlo”.
 
Secondo l’ex-direttore di Novartis dovrebbe essere il governo a imporre un limite ai prezzi e a sostenere la competizione ponendole come condizioni quando firma i contratti con i gruppi farmaceutici. “Dovrebbero essere le stesse aziende a fare certe cose? Non lo so, sono organizzate per massimizzare i propri profitti”, dice Fehlner. “Quindi non penso di ritenerle responsabili, non più di quanto ritengo responsabile un leone che divora una zebra”.
 
Clicca qui per leggere le risposte delle aziende per esteso.


Traduzione: Laura Signori

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