20 dicembre 2024

Armi senza regole: il business nascosto di Rheinmetall

Attila Kálmán
Attila Kálmán
Nico Schmidt
Nico Schmidt
Lorenzo Buzzoni
Lorenzo Buzzoni
Rheinmetall, gigante tedesco della difesa, non si limita a rifornire di armi l’Ucraina e i Paesi NATO. Attraverso un’attività parallela, Rheinmetall vende macchinari per la produzione di munizioni a governi raramente citati nei suoi comunicati ufficiali, aggirando le rigide regole tedesche sulle esportazioni di armi. Investigate Europe ha indagato sulle operazioni poco conosciute dell’azienda.
India, dicembre 2024. Polvere e rumore avvolgono le colline dell’Himalaya. Ruspe gigantesche divorano il terreno, lasciando spazi visibili anche dallo spazio. Qui, in un cantiere nascosto tra le colline dell’Himachal Pradesh, l’azienda della difesa indiana SMPP sta costruendo uno dei più grandi impianti di munizioni del Paese con il supporto di Rheinmetall, il gigante tedesco delle armi.
La fabbrica indiana: un progetto lontano dai riflettori
Due anni prima, una piccola delegazione del gruppo tedesco aveva fatto tappa in India. L’obiettivo: concludere un accordo con il governo provinciale dell’Himachal Pradesh, insieme al gruppo della difesa indiano SMPP. La visita venne riportata solo da qualche giornale locale. Insieme agli articoli, pubblicarono delle foto che mostravano un allegro dirigente della Rheinmetall che indossava un cappello tradizionale e presentava un mazzo di fiori al rappresentante del governo. Queste aziende apriranno una fabbrica a Nalagarh per la produzione di armi”, si legge in un comunicato del governo locale. Tuttavia non c’è alcuna traccia di questo incontro nei comunicati stampa della Rheinmetall.
I dirigenti di Rheinmetall posano per una foto con SMPP e funzionari locali in India nel settembre 2022. Crediti: Dipartimento delle relazioni pubbliche, Himachal PradeshDepartment of Public Relations, Himachal Pradesh

Da allora, i piani si sono consolidati. L’accordo quadro tra Rheinmetall e SMPP per la costruzione dell’impianto è entrato ufficialmente in vigore lo scorso anno. Ad ottobre, SMPP ha firmato altri due contratti con una società sudafricana di Rheinmetall, incaricata di “progettare, installare e mettere in funzione” infrastrutture per la produzione e il collaudo delle munizioni nel sito di Nalagarh.
Questo è ciò che emerge da un documento che SMPP ha recentemente presentato alla Commissione indiana per i titoli e gli scambi. Nel documento l'azienda indiana rivela che è già stato concluso un contratto con uno “Stato amico” per la fornitura di munizioni da 155 mm, particolarmente richieste nei moderni scenari di conflitto.
Un piano globale per produrre armi ovunque
Ma l’attività in India è solo un tassello di un piano globale ben più ampio orchestrato da Rheinmetall. Come rivela l’inchiesta condotta dal consorzio giornalistico cross-border Investigate Europe, questa espansione fa parte della strategia di internazionalizzazione annunciata nel 2013 dal CEO Armin Papperger. 
Uno degli obiettivi chiave di questa strategia è il business delle fabbriche di munizioni, settore in cui Rheinmetall opera lontano dai riflettori attraverso una sua società sudafricana, fornendo macchinari per la produzione di proiettili e bombe ai governi di tutto il mondo.
Tra i suoi clienti ci sono regimi che forniscono a loro volta armi alla Russia. Rheinmetall potrebbe così potenzialmente trarre profitto da entrambe le parti della guerra: non solo dai governi che sostengono l’Ucraina, ma anche dal possibile acquisto di armi da parte del regime russo. Il tutto avviene senza che il governo tedesco possa intervenire né esercitare alcuna supervisione poiché la società sudafricana consente all’azienda di aggirare abilmente le rigide normative tedesche sull’export di armamenti.
Il CEO di Rheinmetall Armin Papperger ha firmato un nuovo accordo di “cooperazione strategica” con l'Ucraina nel giugno di quest'anno. Crediti: RheinmetallRheinmetall

Investigate Europe ha raccolto testimonianze di ex dirigenti di alto livello di Rheinmetall, analisti e politici dei Paesi coinvolti commercialmente con l’azienda tedesca. Migliaia di documenti, pubblici e riservati, sono stati esaminati. Il quadro che emerge è quello di un commercio opaco, in cui i nomi di alcuni clienti restano nascosti.
Tutto inizia nel 2008, quando Rheinmetall acquisisce una quota di maggioranza nella società sudafricana Denel Munitions, trasformandola in una risorsa strategica cruciale. “Rheinmetall ha investito in un’azienda finanziariamente fallita”, spiega un ex dirigente di Rheinmetall Denel Munition (RDM) in un’intervista a Investigate Europe. “Ma Denel Munitions aveva un enorme potenziale tecnico, che poteva essere sfruttato per esportare in tutto il mondo”.
La strategia funziona: grazie agli impianti forniti da RDM, i nuovi acquirenti sono in grado di produrre proiettili autonomamente e distribuirli a livello globale senza il controllo dell’autorità tedesca. L’entità di questo commercio è difficile da misurare, poiché RDM mantiene il massimo riserbo sui propri affari. Tuttavia, i numeri trapelati parlano chiaro: nel 2017, durante la vendita di una fabbrica per il riempimento di bossoli, un dirigente Rheinmetall dichiarò che si trattava “di uno dei 39 impianti simili prodotti da RDM in tutto il mondo”.
Le filiali globali di Rheinmetall nel settore delle armi e delle munizioni e le sedi delle esportazioni di macchinari da RDM. Crediti: Spoovio / Georgina Choleva

Rheinmetall in Italia tra produzione, denunce e nuovi affari
Inchieste precedenti hanno documentato che Rheinmetall esportava i suoi impianti di produzione di munizioni anche in Egitto, negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita.
Proprio in Sardegna, nel Sulcis Iglesiente, la sussidiaria di Rheinmetall RWM Italia produce le bombe che sono state utilizzate dall’aviazione saudita nel conflitto in Yemen iniziato nel 2014. L’export dalla Sardegna è andato avanti fino al 2019, quando il governo guidato dal premier Giuseppe Conte ha revocato in via definitiva le forniture di bombe e missili accordate ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Il Trattato delle Nazioni Unite sul commercio della armi (TCA), ratificato dall’Italia nel 2013, vieta i trasferimenti di armamenti nel caso in cui gli Stati parte siano a conoscenza del loro possibile utilizzo contro obiettivi civili (art. 6) ed impone di non autorizzare esportazioni laddove vi sia un “overridding risk” che le armi vengano utilizzate per commettere serie violazioni del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani (art. 7).
Uno stand espositivo Rheinmetall in una fiera delle armi negli Emirati Arabi Uniti. Crediti: ShutterstockShutterstock

Per questo motivo, nel 2018, alcune organizzazioni non governative, hanno presentato alla Procura di Roma un esposto che metteva sotto accusa sia i manager Rwm Italia sia i funzionari dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (Uama) in merito alla guerra in Yemen. “Le esportazioni di armi ancora in atto da parte dei Paesi europei favoriscono l’uccisione di civili, mentre società come la tedesca Rheinmetall AG e la sua sussidiaria italiana RWM Italia S.p.A. traggono vantaggio da questo business”, aveva detto Miriam Saage-Maaß, vice direttore legale di ECCHR (Centro europeo per i diritti costituzionali e umani), organizzazione non governativa tra le firmatarie dell’esposto.
Nel marzo 2023 il Gip del Tribunale di Roma ha archiviato la denuncia. Pur riconoscendo che i funzionari dell’UAMA erano sin dal 2015 “certamente consapevol[i] del possibile impiego delle armi vendute dalla RWM all’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen a danno di civili” e che “hanno continuato a rilasciare licenze per l’esportazione di armi alla società RWM anche negli anni successivi, in violazione almeno dell’art. 6 e art.7 del Trattato sul commercio delle armi (TCA)”, ha escluso che si potesse configurare una responsabilità penale in capo a RWM in quanto le licenze sarebbero sempre state rilasciate con il parere positivo dello UAMA. 
La vicenda non ha impedito a Rheinmetall di continuare i suoi affari in Italia. Nel 2023, Rheinmetall, con le sue due sussidiarie (RWM Italia e Rheinmetall Italia) è stata la seconda azienda di armi in Italia per valore dell’export con commesse per circa 900 milioni di euro. La prima è stata Leonardo, con quasi 1,3 miliardi di euro in export. Ed è proprio insieme all’azienda italiana della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza, che nell’ottobre di quest’anno Rheinmetall ha creato la joint venture Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (LRMV). La società è nata per fornire al governo italiano carri armati Panther e Lynx. Il contratto, con un arco temporale di 15 anni, ha un valore stimato di circa 20 miliardi di euro.
Regimi e conflitti: chi compra le fabbriche di Rheinmetall?
In Asia, è l'Indonesia il Paese al centro della strategia di Rheinmetall. Documenti di spedizione esaminati da Investigate Europe rivelano che l’azienda tedesca ha venduto almeno un macchinario, utilizzabile per produrre proiettili, al produttore statale di munizioni Pindad. Nonostante ripetute richieste di chiarimento, Pindad ha scelto di non rispondere.
Ma l’Indonesia non è un caso isolato. Secondo due ex dipendenti di RDM anche due Paesi dell’America Latina figurano tra i clienti dell’azienda. Tuttavia solo una società colombiana ha risposto alle domande inviate da Investigate Europe, negando di aver acquistato le macchine.
Di fronte alle domande, Rheinmetall ha mantenuto il silenzio. Un portavoce ha dichiarato che l’azienda è “legalmente obbligata” a rispettare una “stretta riservatezza” e che, per ragioni legate alla concorrenza, non può divulgare informazioni sui clienti o sulle vendite specifiche. In altre parole: Rheinmetall non dice dove opera la sua sussidiaria sudafricana e chi sono i destinatari delle sue forniture.
Interno di uno stabilimento RDM in Sudafrica. Crediti: Rheinmetall

Otfried Nassauer, autorevole esperto tedesco di armamenti e ricercatore per la pace, conosceva le pratiche commerciali di Rheinmetall meglio di chiunque altro. Già nel 2016, Nassauer – scomparso quattro anni fa – aveva denunciato come la filiale sudafricana RDM fornisse munizioni a “nazioni in guerra”, definendola una delle “condizioni essenziali” per il successo economico dell’azienda.
L’esempio dell’India, dove le macchine Rheinmetall saranno presto utilizzate per la produzione di munizioni, evidenzia chiaramente la natura problematica di questa strategia. Finora, il partner commerciale indiano SMPP si è concentrato sulla produzione di equipaggiamento per i soldati. Adesso però, l’azienda sta entrando nella produzione di munizioni, sfruttando le macchine fornite da Rheinmetall.
Alla fiera Ammo India 2022, SMPP si è promossa con lo slogan “Make in India - Make for the World”, presentando proiettili delle dimensioni di un bambino. Tra questi, spiccano i proiettili di artiglieria da 155 mm, particolarmente richiesti da chi combatte in Ucraina. Recentemente, SMPP ha annunciato che la fabbrica è quasi pronta per avviare la produzione, ma non ha risposto alle domande poste da Investigate Europe.
Sudafrica: la chiave per aggirare le regole
Nessun meccanismo di esportazione tedesco sarà in grado di influenzare dove SMPP invierà le munizioni prodotte. Una situazione potenzialmente allarmante, considerando che solo nel maggio scorso, la piattaforma di notizie indiana Firstpost ha rivelato che l’India aveva fornito alla Russia armi per un valore di 4 miliardi di dollari.
Un cartello sul luogo della prevista fabbrica di munizioni SMMP e Rheinmetall, dicembre 2024. Crediti: Neel Madhav

Frank Slijper, ricercatore dell’organizzazione pacifista olandese Pax, evidenzia un ulteriore rischio: l’India non ha mai firmato il Trattato internazionale sul commercio di armi. Questo trattato vieta esplicitamente agli Stati membri di fornire armi a Paesi responsabili di violazioni dei diritti umani o crimini di guerra. “L’India punta a diventare un grande esportatore di armamenti e mantiene relazioni strette con la Russia,” avverte Slijper. “Rheinmetall deve chiarire urgentemente come intende assicurarsi di non essere complice della fornitura di munizioni non solo all’Ucraina, ma anche alla Russia”, conclude Slijper.
Interrogato in merito, un portavoce di Rheinmetall ha dichiarato che ogni fornitura di attrezzature per la difesa è soggetta a “rigide normative nazionali sulle esportazioni”, nonché a “dichiarazioni di utilizzo finale e al loro controllo da parte delle autorità competenti”.
Rheinmetall sfrutta abilmente una scappatoia legale per alimentare il suo business globale. In Germania, la legge sul controllo delle armi da guerra stabilisce che la produzione, il trasporto e la vendita di munizioni possono avvenire solo con l’autorizzazione del governo federale. Tuttavia, questa normativa si applica esclusivamente alle esportazioni effettuate dalla Germania. Le attività svolte in Sudafrica – o in altri Paesi – restano fuori dal controllo tedesco, permettendo così a Rheinmetall e ai suoi partner di fornire armi e munizioni a governi di qualsiasi parte del mondo, senza alcuna supervisione da parte dello Stato tedesco.
La scappatoia legale poteva essere chiusa, critica Alexander Lurz, esperto di esportazioni di armi per Greenpeace Germania. “Il governo tedesco aveva promesso una legge sul controllo delle esportazioni di armi in cui si sarebbe potuto richiedere l'obbligo di licenza per le acquisizioni, le joint venture e gli investimenti all'estero”, spiega Lurz a Investigate Europe. Dopo l'attacco russo all'Ucraina, questa proposta "è caduta vittima del nuovo approccio favorevole all'industria degli armamenti".
Anche il Sudafrica avrebbe gli strumenti per limitare queste esportazioni. In teoria, come spiega Michael Marchant della ONG Open Secrets, il Paese ha regolamenti molto severi che richiedono una licenza per ogni importazione o esportazione. “Tuttavia, non ci sono dati sulle consegne delle fabbriche di munizioni” dice Marchant. In effetti, come verificato da Investigate Europe, i rapporti annuali del governo sudafricano sulle esportazioni di armi non menzionano alcuna esportazione delle fabbriche di munizioni.
L'azienda vende munizioni in tutto il mondo, compresi i proiettili d'artiglieria da 155 mm. Crediti: Rheinmetall

In teoria, la legge sudafricana impone che sette ministri approvino ogni esportazione di armi. In pratica, però, le restrizioni sono minime. “Il Sudafrica non esporta in Paesi soggetti a embargo delle Nazioni Unite, ma per tutti gli altri non ci sono problemi,” rivela un ex dirigente di RDM a Investigate Europe. L’azienda, spiega, detiene tutti i diritti di proprietà intellettuale in Sudafrica, il che esclude le autorità tedesche da qualsiasi controllo sulle esportazioni.
Una situazione giuridica che viene criticata anche in Sudafrica. Andrew Feinstein, ex parlamentare sudafricano e ora membro dell’organizzazione anticorruzione Shadow World Investigations, denuncia: “Non c’è quasi nessun controllo. Se un’azienda vuole esportare qualcosa, ciò è incredibilmente facile”.
Un modello di successo per le tasche degli azionisti
Il successo economico di Rheinmetall dimostra quanto la strategia voluta dall'amministratore delegato Papperget sia stata redditizia. Nel 2013, il valore delle sue azioni era di circa 45 euro. Prima della guerra in Ucraina, nel 2021, era salito a 83 euro, grazie soprattutto alla divisione armi e munizioni, che rappresentava il 40% degli utili operativi.
Il prezzo delle azioni e i profitti di Rheinmetall sono aumentati notevolmente negli ultimi dieci anni. Crediti: Spoovio / Georgina Choleva

Dall'inizio della guerra in Ucraina, gli affari di Rheinmetall con le fabbriche di armi sono in piena espansione. In Ungheria, RDM ha costruito una fabbrica per la produzione di esplosivi, in cui vengono prodotte munizioni di medio e grande calibro. A marzo, l'azienda ha annunciato la costruzione di una fabbrica di polvere da sparo in Romania, seguita a luglio da un annuncio relativo alla costruzione di una fabbrica di munizioni in Ucraina. Alla fine di novembre, Rheinmetall ha annunciato l'intenzione di costruire un impianto di produzione di proiettili in Lituania.
Il peso delle nuove alleanze geopolitiche
Ma Rheinmetall continua a rafforzarsi anche in Sudafrica. Ad agosto, il gruppo tedesco ha annunciato la proposta di acquisire una partecipazione di maggioranza in Resonant Holdings, un’azienda specializzata nella costruzione di fabbriche per la produzione di esplosivi. Una volta finalizzata l’operazione, altre fabbriche di munizioni potrebbero essere spedite dal Sudafrica verso tutto il mondo.
Tuttavia, il modello sudafricano non è più privo di rischi. Per anni, ha permesso a Rheinmetall di sottrarsi ai rigidi controlli tedeschi sulle esportazioni. Ma ora i cambiamenti geopolitici stanno creando nuovi ostacoli. Il Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa si è apertamente schierato con la Russia, definendo Vladimir Putin un “prezioso alleato e amico”. Questo ha avuto conseguenze dirette sugli affari di Rheinmetall: ad agosto, la Polonia ha cancellato un ordine urgente di munizioni da 155 mm, dopo che le autorità sudafricane avevano bloccato la decisione sulla consegna, temendo che le munizioni finissero nelle mani dell’esercito ucraino.
Investigate Europe è un team cross-border di giornalisti provenienti da undici Paesi europei. Oltre agli autori, hanno collaborato a questo articolo: Wojciech Ciesla, Neel Madhav, Anand Magnale, Raymundus Rikang e Amund Trellevik. Il lavoro di Investigate Europe è sostenuto dalle donazioni dei lettori e di alcune fondazioni. Queste fondazioni includono: Adessium Foundation, Fritt Ort, Open Society Foundations, Reva & David Logan Foundation, Rudolf Augstein Foundation e Schöpflin Foundation. L’articolo, reso possibile grazie al sostegno di JournalismFund Europe, è stato pubblicato su TPI (Italia), Die Zeit online (Germania), Partizan (Ungheria), Infolibre (Spagna) e Tempo (Indonesia).

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